Questo gruppo di installazioni fanno parte di un progetto territoriale avvenuto in provincia di Firenze (località Signa) attorno all’edificio storico di Palazzo Ferroni che ha visto, nell’arco di quattro anni, un’attività più vasta maturata tramite diversi appuntamenti dedicati all’incontro tra arte contemporanea, territorio e riqualifica degli ambinti. Gli appuntamenti principali sono stati Lightning e Contemporanea. L’intero lavoro è visionabile tramite una pubblicazione e prende il nome di Un dispositivo per l’abitudine.
“FERRONI IN CORSO”
Installazione – nylon/ scotch/ pantone su carta/ materiali vari
Situata in parte all’esterno e in parte all’interno dello spazio espositivo, l’obiettivo di questa installazione è stato quello di realizzare un’installazione utilizzando i materiali tipici di un cantiere: i nylon, per richiamare alla mente una situazione “cantieristica” ma di abbandono. Un luogo lasciato a metà dove questi teli, dimessi e soli nel tempo, si distruggono pian piano. Lo scopo è stato quello di dar vita, anche qui, ad un momento di stacco visivo dal quotidiano modo di vedere l’Officina Odeon 5, cercando, in quel lasso temporale in cui l’installazione era in piedi, di trasformare questo stabile, in parte celandolo, in parte sottolineandolo, in un’ipotetica “porta di entrata” verso un altro spazio: quello di Palazzo Ferroni che resta per noi un cantiere chiuso. All’interno dello spazio espositivo, invece, era presente un “tavolo da lavoro”: un vero e proprio banco sul quale erano posizionati tutti gli strumenti usati per realizzare le varie installazioni esterne (esp. involucri, bobine di scotch, ecc.), accompagnati da un gruppo di collage che riportava un lavoro composto tramite un’attività partecipativa fatta sul territorio di Signa. Posizionare all’interno della mostra questo “tavolo” voleva dire marcare la situazione di cantiere aperto ma immobile, un tavolo bloccato nel tempo, come se un operaio avesse lasciato lì del materiale dopo aver visionato le piante edili e non fosse più tornato. Le piante rappresentano la conclusione di una situazione partecipativa con gli abitanti del posto, i quali, con il loro intervento riconfigurano lo spazio, aprendo ad un modo diverso di vedere l’ambiente dell’area di Palazzo Ferroni. L’installazione esterna prevedeva l’idea che, nell’arco della settimana in cui la mostra è restata aperta, le coperture in nylon si sarebbero pian piano distrutte e riaperte da sole, riscoprendo la facciata dello stabile e riportando l’ambiente al suo stato inerte iniziale. Tutto accade, nulla rimane.













È PERMESSO?
Installazione – scotch da imballaggio colorato
L’esigenza di questa installazione è partita dalla volontà di un rinnovo funzionale dell’edificio storico (ex comune) in via Ferroni a Signa. L’idea di fondo è stata quella di trasformare lo stabile da semplice edificio a luogo funzionale-dinamico per le arti. Una conversione da ambiente fisico a “dispositivo”, concepire lo spazio come un vero e proprio artefatto aperto alla ricodificazione, che possa avvicinare il pubblico alla realtà delle arti contemporanee, riconsiderando un edificio storico che fatica a ritrovare una sua degna collocazione nel tessuto del centro storico della Città. Da qui lo scopo di optare per un’installazione utilizzando i colori di Signa che, trasfigurando la Città e i suoi abitanti in dei fasci colorati, con la loro azione tentando di aprire lo stabile e reinserire l’edificio di Palazzo Ferroni nel vissuto. Il fine è stato quello di dar vita ad un momento di stacco visivo dal quotidiano modo di vedere/non vedere il Palazzo. Un’azione per attivare una riflessione su di esso, in cui nello stesso tempo si sottolinea la volontà di entrare e l’oggettiva incapacità, quindi l’immobilità, nel poter fare qualcosa per, e con, questo ambiente.


