Installazione – misure variabili
Olio su pannelli alveolari/ cassette in PVC, concept nato dal progetto LACE
In collaborazione con l’artista Victoria DeBlassie
Ormai da decenni, si ha estrema familiarità con il concetto di consumo di massa. Se benessere e prosperità paiono le conseguenze più immediate di tale fenomeno, è sufficiente grattare appena la superficie per accorgerci di come l’utilizzo spregiudicato di beni e servizi conduca a una sorta di feticismo dell’oggetto o, più drammaticamente, consolidi l’esistenza di una mera estetica dell’usa e getta. Lungi dal riguardare esclusivamente una pratica economica, essa riverbera inevitabilmente anche sul modo di coltivare le relazioni interpersonali. L’installazione concepita a quattro mani da Victoria DeBlassie e Leonardo Moretti si misura proprio su quell’apologia del superfluo in cui pare invischiata la società contemporanea. In questo senso, i frammenti plastici dell’una e il pizzo dipinto dall’altro offrono due approcci differenti e complementari alla questione. Victoria DeBlassie, elevando strutture dall’aspetto ora virale ora totemico, sfrutta le potenzialità intrinseche al materiale per esprimere profonda insofferenza nei confronti di un’imminente plastificazione globale; Leonardo Moretti invece rappresenta l’effimero per eccellenza, l’orpello, l’accessorio, per suggerire provocatoriamente un invito ad andare oltre la superficie visibile, al di là dell’apparenza. I due artisti, in aperto e costante dialogo tra loro, lasciano intravedere, tra le fitte trame che compongono i loro lavori, la seppur minima possibilità di un significato altro, più profondo, che si configura come una montaliana ricerca della “maglia rotta nella rete”, qui intesa come rara possibilità di salvezza da un mondo appiattito, banalizzato, di plastica appunto. Gli intrecci in PVC di Victoria DeBlassie, ora accostati, ora congiunti, infine sovrapposti a quelli pittorici di Leonardo Moretti non solo mettono in scena l’irriducibile dicotomia tra presentazione e rappresentazione del dato sensibile ma, soprattutto, celebrano parodisticamente il consumismo, quasi si trattasse di una distopica entità in progressiva espansione, da cui difendersi con ogni mezzo.
Testo a cura di Mattia Lapperier

















L’installazione è stata poi rieditata (2020) con il titolo di Bridge per un intervento pubblico nel cuore del centro storico pratese. L’opera si misura sempre con il senso del superfluo presente nella società contemporanea e sulla capacità di recuperare un sentire più umano. Gli artisti con Trame Plastiche esprimono una profonda insofferenza nei confronti della plastificazione globale, provocatoriamente riutilizzano la materia plastica per condurre il fruitore oltre la sua mera apparenza. In questo momento pandemico, Bridge è un lavoro modulare proprio sul senso di ricrescere e di continuare a espandersi, sulla capacità di fare di rete e di creare legami. Come fosse “un ponte” tra due abitazioni, l’opera si propone come un atto rigenerativo e un ricollettore urbano e sociale.
Testo a cura di Elisabetta Rizzuto


